Il ballo, che passione!
Mi rivolgo a chi da giovane amava andare a ballare: vi ricordate le “sale da ballo” degli anni cinquanta?
In un grande salone c’era uno spiazzo circolare, che chiamavano pista, circondato da tavolini con le relative sedie, sul lato opposto alla porta di ingresso c’era un palchetto che ospitava i suonatori. Il gruppo musicale contava da due a cinque o sei elementi ed era proporzionale al prezzo del biglietto d’ingresso.
Anche l’arredamento era diverso e variava: dai tavolini in formica con sedie di legno a tavolini in noce lucidi con poltroncine imbottite.
Le donne beneficiavano di uno sconto sul biglietto d’ingresso, era un velato invito a pareggiare il numero dei maschi sempre desolatamente più alto.
Come dicevo il gruppo musicale variava secondo l’ambiente e mi ricordo che in un dopolavoro in via Savona, al sabato sera, il palco ospitava un chitarrista claudicante e un fisarmonicista cieco, con relativo cane guida accucciato ai suoi piedi; erano bravissimi e si ballava alla grande.
Alla Triennale invece suonava il complesso di Pupo De Luca, cantava Corrado Lojacono, l’autore di “Carina” (chissà se qualcuno la ricorda) e per entrare era d’obbligo la cravatta.
Una cosa bella del ballo di quei tempi era che invitavi una ragazza, mai vista prima, e mentre c’era la musica, dolce e avvolgente, avevi l’autorizzazione ad abbracciarla e stringerla a te, cosa che se facevi senza musica ti portava diritto alla denuncia.
Questo è uno dei motivi per i quali ho sempre amato la musica e il ballo.