La colonna del diavolo
Un giorno di questa estate avevo un appuntamento in via Carducci e, fidandomi poco della puntualità e della frequenza dei mezzi pubblici, partii da casa con largo anticipo. Contrariamente alle mie previsioni l’ATM mi sorprese e fu così che arrivai sul posto con largo anticipo. La cosa non mi dispiacque perché, in attesa dell’ora stabilita, presi l’occasione di andare a rivedere la “colonna del Diavolo”che avevo visitato in gita scolastica tanti anni prima. All’esterno della basilica di Sant’Ambrogio c’è una colonna, con capitello corinzio, che proviene dalla necropoli paleocristiana sulla quale fu edificata la chiesa. Questa colonna presenta due fori circolari a poca altezza da terra. Questi buchi, sarebbero stati lasciati dalle corna del diavolo secondo due versioni della stessa leggenda.
La prima versione narra che Ambrogio, il santo patrono di Milano, durante una lotta col Diavolo, lo mandò a sbattere contro la colonna con un poderoso calcio nel sedere. La seconda versione narra che il Diavolo, furioso per non essere riuscito a far cadere in tentazione Ambrogio, tirò una cornata alla colonna. Per tradizione, infilare le dita nei fori, porta fortuna e per i più agili, avvicinare il naso si sentirà odore di zolfo o avvicinare le orecchie si udiranno rumori provenienti direttamente dall’inferno.
Quando giunsi alla colonna un gruppo di giovane ragazze giapponesi ascoltava la loro accompagnatrice che, supportata da un volantino, spiegava loro la storia della colonna. Quando mi videro infilare le dita nei fori, stupite chiesero spiegazioni alla loro guida la quale, a sua volta meravigliata, lo chiese a me. Raccontai tutta la storia della colonna, che la guida traduceva al gruppo sempre più interessato. Quando finii le ragazze, sorridenti, si incolonnarono e, una alla volta, infilarono le dita nei fori e qualcuna, inginocchiata, annusò facendo delle smorfie alle compagne come per indicare che, veramente, si sentiva un odore sgradevole.
Salutai il gruppo, omaggiato da una serie infinita di inchini, e andando al mio appuntamento, mi congratulai con me stesso per aver esportato un po’ di milanesità anche nel paese del sol levante.