Via Hermada a Niguarda

cortile di via Hermada 4

Sono nato a Niguarda, in via Hermada al civico 14, allora conosciuto come la rutunda, la rotonda, per la forma arrotondata della facciata.
Il cortile all’interno era racchiuso per tre lati da case di ringhiera e per un lato da case di più recente costruzione.
Le chiamavano le case nuove e chi vi abitava era guardato con invidia dal resto della corte perché in quegli appartamenti c’era il bagno con la vasca e addirittura lo scaldabagno.
Al centro del cortile c’era, e c’è ancora, una costruzione semi interrata, suddivisa in tre parti.
Una parte era adibita a forno per la panificazione, un’altra a doccia pubblica e infine una a lavatoio.
Quando ripenso al lavatoio, mi sembra di sentire ancora le donne cantare a squarciagola mentre facevano il bucato, la bugada.

Tutte le persone che abitavano nelle case di ringhiera non disponendo di un bagno in casa, si ritrovavano il sabato pomeriggio nel locale docce.
Uomini e ragazzi si piazzavano da una parte, donne e ragazze da una altra, in due file ordinate, aspettando pazientemente il loro turno per lavarsi.
I locali erano pieni di vapore, odoravano di sapone, di shampoo e di felicità per l’approssimarsi del giorno di festa.
Le persone entravano portando sulla loro pelle i segni del duro lavoro in fabbrica, in fonderia, e ne uscivano puliti e freschi, pronti per celebrare la domenica.

Il locale forno lo ricordo soprattutto per l’odore di pane fresco che emanava e che inondava tutta la corte.
Era l’odore che ci salutava al mattino quando uscivamo per andare a scuola o al lavoro.
Un odore che non ho mai più ritrovato, forse perché non ho mai più ritrovato le atmosfere della mia giovinezza.

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