La sanità de quand s’eri un bagaj: i scotadur

i scotadur

Quando ero ragazzo ogni tanto mi capitava di prendere una bella scottatura da insolazione, specialmente andando a pescare, e mia mamma buon’anima la curava impastandomi il corpo con una schifosa pappina di sua creazione; un intruglio a base di albume d’uovo e farina, al quale aggiungeva un altro misterioso ingrediente che serviva, secondo me, solamente per dargli quell’odore ripugnante.  

Quando i scotadur erano particolarmente gravi, praticamente delle ustioni, la santa donna ricorreva al medicamento principe di quei tempi: la Vegetallumina.

I lettori che come me hanno l’età dei datteri la ricorderanno sicuramente. 

Era una pomata usata principalmente contro i dolori da piccoli traumi, da reumatismi e da geloni, ma molti la usavano anche per curare altre patologie.  

Mia mamma, per esempio, la usava quando le capitava di scottarsi con il ferro da stiro o cucinando. Utilizzava quella magica pomata non solo per i scotadur ma persino contro i bugnun, i foruncoli. 

Insomma, era un rimedio universale, che curava di tutto, tranne la dissenteria e la perdita dei capelli… forse. Oggi non è più così. Hai un foruncolo sulla natica destra? Ti prescrivono una pomata. È su quella sinistra? Te ne danno un’altra. 
È vero che la ricerca in capo medico farmaceutico ha fatto passi da gigante, però qualcuno mi deve spiegare perché la mitica Vegetallumina funzionava bene su ambedue le chiappe. 

Digel ai to amis