Le vacanze de quand s’eri un bagaj
La prima volta che io ho visto il mare avevo quasi diciotto anni.
Questo perché nella mia famiglia le vacanze al mare o in montagna non rientravano nel logico comportamento di una famiglia di operai.
Chi poteva andare a fare le vacanze fuori città erano i sciòri. Alla nostra classe sociale era permessa solo una gita annuale. Penso che fosse più una filosofia che una questione economica.
Per due anni, appena finita la guerra, le mie vacanze fuori città furono due settimane alla colonia elioterapica della Pirelli a Vimodrone: accompagnato da mia nonna partivo al mattino presto, con il tram numero 26, da corso Genova fino al capolinea nel piazzale della stazione Centrale, qui un altro tram, privato, modello senza porte e composto da tre carrozze, imbarcava tutti i bambini e ci portava fino a Vimodrone. Scesi dal tram, incolonnati, ci facevamo circa venti minuti di marcia per arrivare a destinazione.
La sera si ritornava a casa con lo stesso procedimento inverso.
Dopo parecchi anni di vacanze cittadine fui invitato dai genitori di un mio amico, che avevano preso in affitto un appartamento, a passare le vacanze con loro ad Albenga. Quella volta vidi il mare per la prima volta e, sprovveduto com’ero, dopo i primi due giorni di bagni sconsiderati, il terzo giorno ero a letto con la febbre causata da insolazione.
Siccome le mie condizioni non miglioravano, malgrado le continue applicazioni di ghiaccio in testa, pensarono di rispedirmi a casa dal mio medico di famiglia.
Questo fu il mio approccio col mare. Malgrado che il contatto iniziale non fu dei migliori, il mare per me ha sempre rappresentato l’immagine in assoluto della vacanza anche se, con l’età, ho cominciato ad apprezzare anche la montagna.